Ancora su Andy Warhol e la contemporaneità a Napoli

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Ancora su Andy Warhol e la contemporaneità a Napoli

L’esperienza diretta vince su tutto.
Sui fiumi di parole che si possono dire, leggere, scrivere ed elaborare, su più piani, vince sempre l’occhio di chi guarda.

Un collega di Planetmagazine ha recensito pochi giorni fa, la mai troppo vituperata mostra dedicata al sommo artista della Pop Art, Andy Warhol, ancora visitabile presso il PAN, Museo delle Arti di Napoli.

Io, forte della mia breve ma significativa esperienza nel campo delle arti visive e contemporanee in genere a Napoli e provincia, vorrei aggiungere qualche considerazione da cittadina.

Come sempre, nella vita, credo che non si debba procedere per proclami, preconcetti ed eccesso di personalismi nelle valutazioni; ma l’assoluta pochezza – perfettamente colta nell’articolo precedentemente citato – ha radici antiche, che vorrei, brevemente, tratteggiare.

Il problema non è tanto Warhol o non Warhol, le file chilometriche nei giorni in cui la mostra (pur monca) era visitabile gratuitamente, le valutazioni sul valore culturale di questa mostra in sé e per sé (eppure, volendo, di censure in questo senso se ne potrebbero fare).

Il problema è che qualunque mostra, oggi, troverebbe severe difficoltà ad essere percepita come valida in quanto proposta ed esistente dal (nel) PAN.

Provo a spiegarmi meglio.

Come in tante cose che avvengono nella mia città, Napoli, le modalità sono la cagione della distruzione anche del bene.

Siamo in una città incantevole che tutto il mondo conosce per le sue incredibili ed incontestabili ricchezze: naturalistiche, storiche, culturali, personali.

Eppure, negli ultimi 50 anni, Napoli è poco più che un Bronx in cui si perdono i rolex, ci si spara e si muore su cumuli di immondizia.

Ora, io come nessuno che Napoli la conosce per abitarvi, posso mai dire che la città sia idilliaca, semplice e vivibile.

Questo no, mai.

Napoli è dannatamente difficile, come tutte le cose belle.

E, per tornare a bomba: come tutte le cose belle è tutto un equilibrio sopra la follia.

Ma Napoli è l’Italia, e l’Italia è il solo mondo che un italiano possa e debba conoscere.

Pertanto, bene sarebbe che Napoli meglio stesse.

A far stare male Napoli, purtroppo ed incredibilmente, hanno da sempre collaborato i suoi amministratori.

Da tempi immemori.

Per non dilungarmi, ancora ed ancora, tendenza che, temo sia evidentemente mia, farò riferimento solo alle ultime gestioni.

Io, personalmente, ho poco più di 30anni ed ho potuto vedere susseguirsi nella mia città molti amministratori. Poche persone, tra questi, però avevano davvero un’idea, un programma unico, una visione della nostra città.

Da ciò consegue molto e, infatti, molto è conseguito.

Mentre Napoli si riempiva di buche, di immondizia, mentre il problema delle infiltrazioni del malaffare altrove venivano sedate (parzialmente e, talvolta, solo apparentemente), si diffondeva in Italia e nel mondo l’idea che Napoli fosse questo e solo questo.

Un luogo in cui appena arrivati, si dovesse temere di tutto, perfino per la propria vita.

Napoli è molto, ma molto altro.

Ricercare il problema e, soprattutto, le sue cagioni, in Saviano, in Gomorra, in Sky, nei napoletani, in Genny la Carogna, in vattelapesca è solo un modo per indicare il proverbiale dito che indica il proverbiale satellite.

Napoli non è il paradiso abitato da diavoli di goethiana memoria (sì lo disse Goethe, prima di Croce): è una città dell’Amore uccisa dall’odio.

L’odio ha tanti subdoli volti: l’indifferenza, lo sfregio, il non fare, il non dire, il tradire le aspettative, la maldicenza e, in definitiva, la mediocrità.

E, quindi, la mostra del PAN è esecrabile perché tradisce le aspettative (anche di organismi sovranazionali) del Forum delle Culture.

Una grande chance che le città che lo hanno ospitato in passato e lo faranno in futuro, hanno colto e coglieranno.

Un treno che Napoli ha lasciato passare.

L’ennesimo – ma non ultimo – grande evento con poco se non nullo senso che un Amministratore – che proclamava di odiare i grandi eventi – ha realizzato.

Che ora si tratti di Andy Warhol, di quella mostra e di quel Museo (disastroso e disastrato) non rileva.

Non rileva, perfino, su un piano più ampio, che sia De Magistris ad agire da imbelle e Rodomonte.

Rileva che Napoli, città d’Amore, ancora è preda dell’Odio.

Rileva che io, tu, noi, l’Italia ancora concediamo che l’Odio vinca nella più bella città del Mondo.

Questa è la banalità del Male.