ARTISTI PER L’ARTE STUDIO GALLERY DI BENEVENTO IN MOSTRA PRESSO CASTELLO D’ORIA DI ANGRI

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ARTISTI PER L’ARTE STUDIO GALLERY DI BENEVENTO IN MOSTRA PRESSO CASTELLO D’ORIA DI ANGRI

Si inaugura giovedì 24 dicembre alle ore 11,00 la mostra Artisti Per l’Art/Studio –Gallery di Benevento con il Patrocinio del Comune di Angri – Salerno a cura di Ivan Lanzione presso La Struttura Medioevale Castello D’Oria del Comune di Angri. Testi Critici di Giovanni Cardone, Marcello Francolini e Rosario Pinto. Un progetto nato da un’idea di Mario Lanzione direttore artistico della Galleria che prevede di “esportare” una realtà artistica/culturale Sannita nelle altre Province della Regione Campania. Infatti, con l’inaugurazione del 17 ottobre 2015 alla galleria d’arte contemporanea “kouros” di Aversa e con quella del 12 dicembre alla “Struttura Museale” del Comune di Pompei, la manifestazione è stata visitata e apprezzata da un vasto pubblico del mondo artistico casertano e napoletano. L’evento, che si terrà al “Castello Doria” di Angri (rocca di origine medievali, posta al di sopra del centro medievale, a difesa dell’abitato e per il controllo degli assi viari che congiungeva Nocera con Stabia e Sorrento e la valle con la costiera), organizzato dal Consigliere Comunale Ivan Lanzione e condiviso da tutta l’Amministrazione del Comune di Angri, Sarà presentato al pubblico dal sindaco Cosimo Ferraioli con un catalogo che illustra tutto il percorso artistico del progetto. Oltre al sindaco Cosimo Ferraioli e al Consigliere Comunale Ivan Lanzione, sono previsti gli interventi dei critici d’arte Giovanni Cardone, Marcello Francolini, Rosario Pinto, dell’ingegnere informatico di Benevento Raffaele Esposito e del direttore artistico dell’Arte/Studio – Gallery, Mario Lanzione. Nei giorni a seguire, sono in programma una serie di incontri musicali e letterari che si terranno nel Salone Centrale del Castello Doria. Tra tutti, evidenziamo quello del 29 dicembre (ore 17,30) dedicato alla cultura Sannita con la presentazione del libro di narrativa “INCONTRI NELL’ANIMA” di Teresa Simeone (docente di Filosofia e Storia al Liceo Artistico di Benevento), del libro di Storia dell’arte “Gli Orientamenti Astratto – Informali” di Rosario Pinto, che tratta anche di alcune espressioni della realtà artistica di Benevento e, per l’occasione, saranno offerti vini e prodotti dolciari di note cantine e ditte Sannite.

 MARCELLO FRANCOLINI

Per una Sistematica dell’Astrattismo contemporaneo

Un mondo abitato da esseri a una dimensione (i punti) non può percepire un mondo di esseri a due dimensioni (linee e figure geometriche, pure composte da punti), come quest’ultimo non potrà percepire il mondo superiore delle tre dimensioni, popolato da solidi. Questo efficace paradosso servì al matematico e scrittore Cherles Howard Hinton (1853 – 1907) come preambolo a un suo famoso articolo, pubblicato nel 1884, dal titolo What is a Fourth Dimension, in cui preliminarmente affermava l’importanza di preoccuparsi di quei fenomeni che non rientrano nella sfera visiva ma che sono altrettanto dotati di una dimensione che concepisce una realtà più allargata. Questo paradosso è in definitiva, un’apertura verso l’invisibile. Esso cerca di indirizzare lo sforzo immaginativo verso ciò che chiamiamo “il nulla”, o meglio il non ancora conosciuto, che sta nella posizione opposta al conosciuto e al percepito e dunque all’essere. Ora proprio la questione dell’invisibile esplicato attraverso il concetto della 4° dimensione, diviene un campo prolifero per il pensiero scientifico, non tanto quello tecnico-logico, a cui siamo abituati a riferirci, quanto quello labile, frammisto di magia e spiritualità che è appunto la Teosofia. Il pensiero teosofico abbracciava sì, le contemporanee scoperte della matematica e della fisica, però cercando di re-immaginarle all’interno di un discorso sull’essere, tentando la fondazione di una nuova spiritualità laica. Se una cosa è invisibile significa, comunemente parlando, che non la si può vedere; non così per l’occultismo dove una cosa è invisibile non in modo assoluto, ma soltanto relativo alle capacità ordinarie dei nostri sensi. Potremo quindi avere, e si hanno, i pittori dell’invisibile che ci forniscono preziosi modelli del mondo astrale, come abbiamo opere d’arte create per intuito coll’ausilio dell’invisibile. Le parole del generale Carlo Ballatore1 (1839-1920) presidente del Gruppo Teosofico “Roma”, illustrano bene in che termini il pensiero teosofico abbia offerto agli artisti la possibilità di esplorare nuovi territori. Tutto ciò ha a che fare con la gestazione dell’innovazione iconografica più complessa del panorama europeo dell’arte astratta, quella dell’astrattista futurista GiacomoBalla2. Faccio questo preambolo, giacché ciò che m’interessa, e che quindi mi muove verso la condivisione del cammino dell’Astrattismo Totale, legato principalmente alle personalità artistiche di Lanzione, Cotroneo e Salzano, e che qui, oggi, in questa sede si apre ad una più vasta galassia di altre personalità, come Bova, La Mura, Mariacci, Navarra, Risola e Rossi,morfologicamente in sintonia e tutte orbitanti intorno al polo beneventano dell’Arte/Studio – Gallery è: L’esigenza di un ancoraggio tra ciò che è il passato prossimo, ovvero la storia a noi più vicina e non del tutto ancora conclusa, e il condizionale presente, ovvero l’adesso che sta già muovendo il domani. In due parole, il radicarsi stabile. Suggerisco, dunque, che questo terreno su cui poggiare i propri pensieri sia quello dell’Astrattismo Futurista, poiché esso rappresenta la possibilità, di smarcarsi dalla gabbia semantica del geometrismo lineare e materico in cui troppo spesso gli artisti contemporanei, che utilizzano un linguaggio che si oppone al figurativo, sono conchiusi. A guardarle bene le opere degli artisti qui presenti non si attestano su posizioni stilistiche o di ricerca puramente formale. Non sono racchiuse nella bidimensionalità della tela, ma anzi la penetrano, la scavano e così facendo aprono alla interiorità nascosta dell’animo umano. Non credo che queste opere siano a proposito di ciò che è visto, quanto invece siano a proposito di ciò che a partire dal non visto è tuttavia sempre perscrutabile (spiritualmente percepibile). Se ci rifiutassimo di focalizzare lo sguardo del cervello verso questa possibilità che la nostra storiografia ci serve su di un piatto d’oro, dovremmo alternativamente legarci a quelle esperienze di astrattismo nordico che poggiano le proprie basi sulla cultura protestante (che a sua volta ammicca verso tradizioni culturali e artistiche ebraiche e islamiche) di forte significanza consustanziale3, e di conseguenza attestare sia il giudizio dell’artista che lo sguardo critico su posizioni limitanti allo strato epidermico dell’opera e infine intendendo le forme generanti al pari di una decorazione e nulla più. Leggendo sotto quest’aspetto l’astrattismo totale possiamo liberarci da vecchie e annose questioni tutte interne al mondo dell’arte del Novecento (intendo qui quella ormai datata tra l’astratto e il figurativo) che ormai appaiono come un frutto marcio non più digeribile per slanciarci a pieno petto verso la dimensione dell’oltre. Ecco dunque che la fenomenologia astratta di Balla, che defluirà subito dopo nell’aeropittura cosmica di Prampolini e di Buccafusca, ci dà proprio la consapevolezza di incedere verso una via extrartistica che utilizza il linguaggio astratto per meglio resistere all’automazione in cui le società dell’oggi vorrebbero comprimerci. Questo nuovo geometrismo rappresenta la lotta che un certo tipo di umanesimo può ancora ingaggiare con un mondo totalmente voltosi alla matematizzazione della logica utilizzando lo stesso linguaggio del potere per collassarlo. Ora l’apparente astrattismo dei processi tecno-scientifici è tutto teso alla misurabilità degli enti, e di conseguenza al loro sfruttamento. Se le opere dell’Astrattismo Totale possono esteriormente condividere la medesima morfologia o tipologia fenomenica esse non nascono come possibilità di misurazione, e una volta chiarita la differenza possono riscattare il significato storico dell’astratto come linguaggio in grado di tradurre (oggi, in modo totalmente opposto) la trascendenza in un “linguaggio umano”. Definisco a questo punto il lavoro di questi artisti come una nuova forma di “eccesso esplorativo” nella coscienza spaziale che spinge l’esperienza umana a penetrare un “iperspazio” che corrisponde ad un “altro mondo” o a cercare un “ipervisione” che corrisponde ad una estensione della facoltà di organizzare la spazialità corrente.

Rosario Pinto

Arte/Studio Gallery

Un’esperienza espositiva contemporanea che attualizza la linea storica

di originalità culturale e di vocazione innovativa che distingue l’arte beneventana da sempre

Benevento è una città che ha saputo esprimere, da sempre, un profilo di grande originalità, distinguendosi dal resto della regione campana, e dall’insieme del Mezzogiorno stesso, non solo per la orgogliosa affermazione delle sue più lontane radici di popolo e di comunità, ma anche per un’autonomia culturale che non l’ha mai resa supinamente soggiacente né a Roma, durante tutto il periodo della sua condizione di ‘enclave’ pontificia, né a Napoli in vari momenti della sua condizione di capitale del regno meridionale. L’autonomia beneventana, sul piano culturale, comincia ad esprimersi nelle sue origini più lontane, nel privilegiamento del culto di Iside, ad esempio, e, in seguito, nel Medioevo, con l’additamento di quei primordi e di quelle premonizioni esperienziali, ad esempio, di Santa Sofia, che avrebbero giustificato il giudizio successivo espresso da un Cennini che guarda a Giotto, del ‘volgersi della pittura di greco in latino’. E, dal Medioevo, a seguire, nel corso dei secoli, sarebbe stato sempre nel segno di un’autonomia propositiva il contributo fornito da Benevento alla pratica artistica, non mancando questa città di saper esprimere anche personalità come quella del Raguzzini, beneventano ad honorem, che avrebbe saputo dettare, extra moenia, a Roma, ad esempio, il verbo di una vivacità architettonica rococo profondamente innovativa. Con l’Ottocento e, grazie ad Achille Vianelli, ed alla sua azione formativa, si sviluppa una vera e propria ‘scuola’ di pittura locale, della quale uno dei più intensi interpreti sarà Gaetano De Martini. Poi, di qui alla grande personalità di Nicola Ciletti, nel primo cinquantennio del ‘900, il passo è breve ed intorno a Nicola ed a Fryda Ciletti – che promuovono un luogo di dibattito sull’arte – si animerà un cenacolo artistico di primissimo ordine, fortemente avvertito delle novità internazionali più significative, come quella, ad esempio, dell’ingresso stesso dell’arte americana all’interno delle prammatiche creative del ‘900, a seguito della mostra dell’ ‘Armory Show’ del 1913. Nel secondo cinquantennio del ‘900, Benevento continuerà a proporre il suo profilo di originalità e di attenzione marcata alla innovazione: in proposito motore di grande valore sarà il Liceo Artistico creato nel capoluogo sannita; ma occorre prestare attenzione anche alla proiezione internazionale, che si manifesta, ad esempio, con i decisivi contributi beneventani alla promozione della corrente ‘transavanguardistica’. A questa vocazione di ampio respiro della città, storicamente modellata su un gradiente di intelligenza propositiva e di serena autonomia di progetto, ha saputo orientare il proprio indirizzo operativo lo spazio di ‘Arte/Studio Gallery’, che ha mirato a proporsi come un luogo in cui apparisse ben chiaro che la presentazione di mostre espositive di opere d’arte dovesse trovare una sua propria e convincente ragione e non essere il frutto di una casualità occasionale. Il suo creatore, Mario Lanzione, è, infatti, personalità ben addentrata nel mondo dell’arte sia come creativo, egli stesso in prima persona, sia come organizzatore. Ecco, allora, che ‘Arte/Studio Gallery’ provvede ad introdurre in città una serie di eventi espositivi che mirano a suggerire l’opportunità di nuove suggestioni creative, traendo spunto da ricerche d’artisti che si muovono sul terreno d’una pratica creativa elettivamente aniconica e indirizzata lungo un abbrivio di stampo sostanzialmente ‘astratto-informale’, capace di dar vita ad una vera e propria aggregazione definita di ‘Astrattismo totale’. Si crea, insomma, intorno al polo di ‘Arte/Studio Gallery’, un interesse che è di pubblico – che trova un luogo di intelligenti sollecitazioni culturali – ma anche di artisti che hanno la opportunità di mettere a confronto le proprie opere, suscitando un dibattito critico da cui nascono fecondi suggerimenti di ulteriori obiettivi di ricerca. Tutto questo, occorre anche aggiungere, lasciando impregiudicato l’orientamento ‘astrattista’ della Galleria, impedisce che lo spazio diventi un luogo stilisticamente autoreferenziale, attento unicamente a se stesso ed incapace di cogliere le istanze di proposte innovative e sperimentali, rivolgendolo, piuttosto, a svolgere una funzione di volano artistico in città, grazie anche al suo impegno di promozione d’un dibattito più ampio che si espande dalla dimensione propria delle arti visive per abbracciare anche altri campi del sapere. Introduciamo, in tal modo, quello che emerge di prepotenza come un altro aspetto importante che distingue la ‘politica’ di ‘Arte/Studio’: di saper diventare cioè – negli appena tre anni di vita che ha appena compiuto – un punto di riferimento del dibattito tout-court, un luogo in cui, cioè, non ci si limita a disporre quadri alle pareti o sculture nello spazio, ma in cui si procede, innanzitutto ad un incontro tra pubblico ed artisti, tra pubblico ed opere ed in cui si rende possibile un effettivo ed efficace scambio di idee, all’interno di un ragionamento che, muovendo dalla sollecitazione visiva, sappia abbracciare la cultura nel senso più ampio della parola, un luogo che non è presieduto dal cicaleccio salottiero, ma dalla

robustezza delle argomentazioni e dalle rilevazioni critiche, che l’occasione di discussione di volta in volta suggerisce. Se si valuta che tutto ciò avviene nei territori della cosiddetta ‘Campania interna’, l’osservazione della preminenza attribuita al dibattito assume un valore ancora più ampio e costituisce giustificazione di quella proiezione di successo che la ‘Gallery’ ha saputo man mano conquistarsi non solo a livello regionale, ma, più ampiamente, a livello nazionale ed internazionale. Ad offrire testimonianza di ciò provvedono, d’altronde, i nomi delle personalità d’artisti che hanno esposto negli spazi di ‘Arte/Studio Gallery’ nel corso di questi anni, personalità che hanno suscitato intorno a sé l’interesse e la sollecitazione di un fecondo flusso di idee. Un capitolo importante della azione di intervento di questa galleria beneventana è stato quello inaugurato con la tornata delle rassegne di ‘Primo vere’ annualmente ripetute con puntualità di scadenza. Il titolo stesso di questi appuntamenti indica la disponibilità al rinnovamento ed alla rinascita e gli artisti, di caratura nazionale ed internazionale, che ne hanno costellato le tornate, dimostrano, con la propria partecipazione, che l’azione propositiva di ‘Arte/Studio Gallery’ ha saputo intercettare un bisogno ed esprimerne le ragioni. Ciò che, infatti, si è potuto apprezzare, grazie all’azione svolta fin qui dal centro diretto da Mario Lanzione, è che si è riusciti a creare intorno all’esposizione creativa un interesse che allinea, in unità di proposta, la consistenza obiettiva dell’esperienza storica con la sollecitazione più immediata e producente del nostro presente. Ed è così che, a fianco di maestri ‘storici’, come Cassinari, Cavellini, Giacometti, Guerricchio, Spinosa, Zigaina, Dova, Spinosa, Barisani, Emblema, Treccani, senza dimenticare la presenza di molti artisti stranieri tra cui ricordiamo Alaa Eddin, Hascizume, Caignard, El Torky, Glaser, Bennet ed altri, hanno trovato posto e ragione estetica anche esponenti della ricerca più recente, come Bova, Cipriano, Donzelli, Fermariello, Navarra, personalità impegnate in un lavoro di messa a punto di nuovi linguaggi e strategie espressive. Occorre ancora mettere in evidenza il tema dell’attenzione di questo spazio beneventano a porsi come punto di riferimento per molti giovani esordienti ed operanti sul territorio: qui le giovani leve trovano ascolto ed un’opportunità di confronto e di misurazione delle capacità, animandosi, così, la ‘Gallery’ come prezioso riferimento sociale. Tutto ciò non è poco. Oggi, l’esperienza di ‘Arte/Studio Gallery’ diventa motivo di analisi da parte degli studiosi d’arte e modello d’organizzazione al quale si guarda da molte parti con interesse per la formula adottata e per i successi ottenuti.

Ragioni materiche e sensibilità ordinamentali all’interno delle dinamiche creative di artisti iscrivibili in un percorso di compitazioni ‘astratto-informali’ allargate.

Lo sviluppo storico della pratica astrattiva nel contesto delle arti figurative si caratterizza di una puntuale marcatura segnica soprattutto quando la delibazione creativa prende a sviluppare una orditura produttiva che non limita il suo darsi ad una gestualità strettamente presieduta da ragioni ordinamentali, procedendo, piuttosto, ad individuare più ispessite configurazioni materiche con cui dar corpo ad una misura non meramente eslege nel processo integrativo di ductus e di composizione. Ciò è quanto configura la pratica creativa che può definirsi ‘astratto-informale’, cui si rapporta l’attività artistica di alcuni gruppi di artisti e di alcune personalità individuali su cui lasciamo planare la nostra attenzione. Cominciamo col dire del gruppo beneventano di ‘Astrattismo Totale’, aggregato intorno all’ ‘Arte/Studio Gallery’ di Benevento ed animato da Mario Lanzione, Giuseppe Cotroneo ed Antonio Salzano. Di Mario Lanzione appare importante additare innanzitutto la coerenza che egli dimostra nel mettere in pratica con continuità di indirizzo – fin dagli anni della sua formazione accademica – una ricerca di stretto rigore astrattivo, avendo egli cura di aver conto dei significati imprescindibili delle ragioni materiche alle quali sa conferire senso grazie ad una espressività gestuale che non va mai, tuttavia, a frammentarsi in una incongruità di rapporto tra normazione predittiva e sensorialità inconsulta. Gli fa eco la pratica creativa di Antonio Salzano che si diffonde in una pittura a distesa campitura e di forte caratura segnica, spesso caratterizzata da un trattamento vibratile delle superfici che trova scaturigine primaria in una diffusa – ed, a suo modo, ancestrale – sensibilità di ordine ‘chiarista’ alimentata da un sentire di alta caratura morale che anima in modo avvertito e profondo il portato contenutistico. La frastagliata sensibilità segnica che caratterizza la produzione di Giuseppe Cotroneo costituisce altro aspetto di estrinsecazione delle logiche ispirative di una ricerca che non limita alla scansione prettamente geometrica il proprio contributo alla delibazione astrattiva, muovendo, piuttosto, alla individuazione di una sorta di misura frattale entro i cui viluppi materici è possibile avvertire l’ansito d’una sintesi pregevole di materia e forma. Collegandosi, ma, vorremmo dire, quasi in una prospettiva ‘laterale’, a tali sensibilità culturali e condividendone, in fondo, larga parte delle peculiarità produttive, si dispone la ricerca creativa di Myriam Risola, che pone insistitamente l’accento sugli aspetti segnici, dando corpo ad una pittura nervosa e disincantata, in cui si segnala pregnante l’affondo espressionistico di spiritate e saettanti svirgolature timbriche. Di non minore robustezza segnica appare improntato il gesto di Fabio Mariacci che si rivela, comunque, incline ad avvertire con particolare impegno le ragioni di una sorta di progettazione d’impianto che si manifesta sia in alcuni specifici brani di pittura articolata in un continuum modulare, sia in alcune prove di pittura a larga fascia, ove la scansione cromatica si fa ordito compositivo e rivelazione epifenomenica d’una disposizione mentale che si fa gesto, senza cedere a tentazioni di esondazioni magmatiche. Introduciamo la pratica creativa di Maria La Mura suggerendo di lasciar planare la nostra attenzione sulla disposizione che la artista manifesta d’una sua sensibilità particolare per la considerazione d’una consistenza corpuscolare della materia. E si rende particolarmente interessante il manifestarsi d’una articolazione dialettica che è possibile apprezzare nelle sue cose, articolazione che, ad esempio, si rende percepibile nella studiata condizione di equilibrio che si crea tra rugosità materiche e campiture planari. Il tema del rilievo organico che assume la campitura non soltanto come definizione di area, ma come coefficiente vivo d’una dimensione esplicativa della fermentazione spaziale disciplinata in una bidimensionalità non tuttavia appiattita, costituisce il fulcro delle dinamiche creative dell’opera di Gianni Rossi, artefice di una pratica creativa robustamente astratto-informale, in cui avvertitamente viene proposta, come soluzione convincente della dialettica spazio-cromatica, l’opportunità di una integrazione organica tra misura geometrica e corpuscolarità pigmentale. Una lontana eco ‘nouveau-réaliste’ di grande raffinatezza sintattica e di notevole abbrivio espressivo è quanto ci consegna la pratica creativa di Raffaele Bova, in cui all’empito d’una consistenza oggettuale si affianca una intensa consapevolezza ‘concettuale’ che va ad implicarsi in accorte modellazioni costruttive di un ordito significativo che sappia rendere capace l’arte di calettature contenutistiche tutt’altro che occasionali ed effimere, come avviene, ad esempio, per l’impegno che il Nostro profonde sul tema de ‘La terra dei fuochi’. All’interno delle dinamiche creative dell’attività produttiva di Enzo Navarra – artista, che, come Bova, ha una particolare sensibilità ‘contenutistica’ e che trova le sue scaturigini prime nella temperie del ‘Sociale’ – è possibile apprezzare una particolare sensibilità conciliativa, tra le ragioni delle cose e la loro restituzione in immagine, che non cede, tuttavia, alla tentazione di ‘manifestarsi’ come icona ‘oggettuale’, andando, piuttosto, a configurarsi come campo di esplicitazione d’una sensibilità segnica che sceglie il campo della ‘rappresentazione’ in opposizione alle più comode derive della ‘figurazione’, maturando scelte di grande pregio contenutistico.

Giovanni Cardone

Gli artisti dell’artestudio-gallery di benevento

L’avventura artistica nata nel 2012  con la nascita dell’Artstudio- gallery  di Benevento uno spazio culturale unico nel suo genere che cerca di proporre eventi unici passando dall’arte alla letteratura fino alla musica. Tutto questo ha lo scopo di promuovere opere, artisti e progetti meritevoli al di là di logiche mercantili, speculative o clientelari . L’obbiettivo è consentire a talenti emergenti di proporre le loro opere in contesti in grado di valorizzarle, solo in virtù della qualità e dell’originalità e non del censo o delle conoscenze. L’Ideatore di questo spazio è l’artista Mario Lanzione. Indubbiamente, oltre alle mostre dedicate ai giovani, alla giornata nazionale del contemporaneo e la collettiva di fine anno, l’appuntamento più atteso è la rassegna “Primo Vere”, nata sempre da un’idea di Mario Lanzione e che viene realizzata nel mese di marzo. Essendo aperta ad ogni tipo di linguaggio artistico, alle nuove esperienze e alla promozione di giovani, le scelte si basano sulla conoscenza, la qualità e la professionalità degli artisti invitati. Con gli eventi, mostre personali e collettive di artisti affermati e di giovani emergenti, di questi primi tre anni di attività, grazie anche alla collaborazione dei critici d’arte di calibro nazionale e internazionale quali: Giorgio Agnisola, Giuliana Albano, Massimo Bignardi, Angelo Calabrese, Giuliana Iannotti,  Rosario Pinto, Nicola Scontrino, Maurizio Vitiello e Mario Francesco Simeone, sono state esposte opere di: Luca Alinari, Renato Barisani, John M. Bennet, Gianmarco Biele, Andrea Bolognino, Giose’ Bonsangue, Raffaele Bova, Rolland Caignard, Bruno Cassinari, Guglielmo Achille Cavellini, Vito Chianca, Franco Cipriano, Fabrizio Clerici, Giuseppe Cotroneo, Robin Crozier, Giovanni Cuofano, Maria Pia Daidone, Vincenzo D’Argenio, Raffaella D’auria, Bruno D’arcevia, Emilia Diario, Carlo De Gregorio, Giuseppe De Michele, Alessandra Donnarumma, Bruno Donzelli, Gillo Dorfles, Gianni Dova, Ahmad Alaa Eddin, Ibrahim El Torky, Salvatore Emblema, Lello Esposito, Alberto Gianquinto,  Milton Glaser, Luigi Guerricchio, Marx Gutierrez, Mimmo Fatigati, Sergio Fermariello, Nicola Gambedotti,  Alberto Giacometti, Antonio Giannino, Sai Hashizume, Hsiao Chin, Marisa Korzeniecki, Laboratorio d’incisione di Salvatore Oppido,  Maria La Mura, Mario Lanzione, Giuseppe Antonello Leone,  Fausto Lubelli, Venanzio Manciocchi, Antonio Manfredi, Andrea Martone, Giuseppe  Maraniello, Leticia Marquez, Giorgio Mattioli, Carlo Montarsoli, Francesco Muzzi, Enzo Navarra, Fabio Mariacci, Salvatore Oppido, Mimmo Paladino, Perino & Vele,  Pawel Petasz, Mimmo Petrella, Osvaldo Petricciuolo, Augusto Piccioni, Clara Rezzuti, Myriam Risola, Walter Piacesi, Francesca Poto, Susanne Ristow, Anna Russo, Antonio Salzano, Antonio Spagnoletti Cirocco, Domenico Spinosa, Stamperia “Il Laboratorio” di Nola gestito da Vittorio Avella e Antonio Sgambati, Ernesto Treccani, Ilia Tufano, Mario Tozzi, Maurizio Valenzi, Vincenzo Vavuso, Edgardo A. Vigo, Beatrice Zappia, Oreste Zevola, Mikhail Zhigalov,  Giuseppe Zigaina. Questo  è stato poi preso in considerazione dalla stampa locale, regionale e nazionale, l’Arte/Studio – Gallery di Benevento ha tracciato un percorso culturale polivalente. Questa nuova mostra proporrà nove artisti quali: Bova, Cotroneo, La Mura, Lanzione, Mariacci, Navarra, Risola, Rossi e Salzano. Con la loro pittura abbiamo un documento per affermare che la pittura del ‘900 è quel linguaggio concettuale venutosi a definire dall’avvento del post-manierismo che si riconduce al simbolo e alla metafora mediante l’uso attento e compiuto del segno, del colore e della materia. Infatti gli artisti ci mostrano, attraverso una figurazione a volte apparentemente semplice, perché concettualmente semplici, la complessità degli equilibri che l’arte contemporanea racchiude in sé. In tal caso, tutti potremmo azzardare, nella superficialità molto spesso in uso agli osservatori, che saremmo capaci di andare a realizzare anche noi quei quattro schizzi sulla tela che ci spacciano per arte chi non ha mai sentito commenti simili anche al riguardo delle opere dei grandi artisti del ‘900, ma se veramente poi ci provassimo, ci renderemmo pure conto che se non fossimo dotati di una grande qualità gestuale e di una consolidata tecnica, sposata ad un concetto filologico tale da spingerci allo studio e alla corretta rappresentazione segnica del soggetto-oggetto che abbiamo in mente, ogni tentativo risulterebbe cadere in amene banalità e in accozzaglie di colori prive di profondità, di tenuta d’insieme, di equilibri e di letture. Un dialogo di colori e di forme, di trasparenze e di richiami, riconducibile senza ombra di dubbio ad una dimensione tutta personale. Esporanno i seguenti artisti : RAFFAELE BOVA, GIUSEPPE COTRONEO, MARIA LA MURA, MARIO LANZIONE, FABIO MARIACCI, ENZO NAVARRA, GIANNI ROSSI, MYRIAM RISOLA E ANTONIO SALZANO.

 

pompei, dicembre 2015