Garibaldi non fu mai a Teano – intervista a Carlo Antuono

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Garibaldi non fu mai a Teano – intervista a Carlo Antuono

Arriviamo quasi puntuali, io e Andrea, con 4 minuti di ritardo, entrambi interessatissimi, per ragioni simili ma presupposti diversi, all’Unità d’Italia. Il prof. è là che aspetta, in piedi, con 2 libri sotto il braccio e sta telefonando, forse preoccupato del nostro ritardo.

“La stavo chiamando perché non la vedevo arrivare”. Mi da del lei e la cosa mi fa strano visto che il prof. Antuono ha più o meno l’età di mio padre.

Ci sediamo per una chiacchierata informale, gli chiedo se posso registrarlo almeno in audio, per il video mi smonta subito, non se ne parla, “l’audio si, ma solo perché sei amico di mio figlio e mi fido”.

Inizia a raccontarci da lontano, fa riferimenti, spesso, al libro del 2011, di cui questo “Garibaldi non fu mai a Teano” è completamento. Ci mostra foto, ci racconta le fonti e la rielaborazione storiografica che ha realizzato negli ultimi 5 anni di lavoro.

Il prof. è un fiume in piena, non riusciamo a tenergli testa tanto è grande l’entusiasmo, vuole raccontarci tutto e noi, nella fase iniziale, lo facciamo parlare.

Gli faccio 2 domande, una sulle fonti che ha utilizzato, l’altra su la reazione dei suoi concittadini (Antuono è cittadino di Teano) all’uscita di quest’altro libro.

Sulle fonti la risposta è molto esauriente, ci mostra documenti, inediti, nuove teorie, ringrazia tutti quelli che hanno contribuito, tra cui il senatore Di Muccio che ha fornito la foto ORIGINALE della lapide teanese che recava la dicitura Quadrivio di Caianello, poi cambiata con la dicitura Teano, poi passa alla nota dolente.

“Mi stanno massacrando sui social network ma, per fortuna, io non sono su Facebook, preferisco impiegare in maniera differente il mio tempo.” E’ un uomo sereno, forte di quella forza che hanno solo gli uomini che sono dalla parte del giusto e della Verità.

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Mentre chiacchieriamo piacevolmente ecco chiedermi “ha una penna?” (avevamo concordato di darci del “tu” ma continuerà a darmi del “lei” per tutta l’intervista).

“Ora vi dimostro con un disegno la mistificazione di Boragine, che non era un fesso”. E così inizia a farci un disegno (che vi mostreremo in video in un prossimo articolo), dove ci spiega in maniera chiara, semplice e concisa, le immense falle della teoria del Boragine, sulla quale si basa tutta quanta la “ricostruzione” errata dell’Incontro di Teano. E noi restiamo, così, a bocca aperta a guardare la penna che sfiora il foglio, prima il disegno del quadrivio, poi il posizionamento delle truppe e poi il “perché” non poteva essere possibile che l’incontro fosse avvenuto a Teano. Una fonte inesauribile di informazioni.

“Garibaldi non fu mai a Teano” si basa principalmente sullo scardinamento preciso e possente di tutte le teorie costruite ad arte dal Boragine, teorie che, insieme alla “relazione del 1926” scardinata nel libro del 2011, facevano parte di una sorta di “complotto campanilistico” per dare ad una città (tra l’altro per la sua storia, Teano, non ne avrebbe affatto bisogno) la paternità di un evento che invece spettava ad altro Comune.

A questo punto Andrea azzarda una domanda, un po’ fuori dagli schemi, chiedendo un’opinione sulla vera storia del Risorgimento italiano e se questo incontro fosse, in realtà, avvenuto davvero.

“L’incontro è sicuramente avvenuto, la montagna di testimonianze storiche non si può ignorare. Diverso è, forse, il significato che ebbe. Il popolo non conosceva neanche Vittorio Emanuele II, non lo amava, non credeva in lui. Per molti, in queste terre, l’eroe era Garibaldi perché aveva promesso libertà e democrazia, era Repubblicano. Probabilmente in molti non si aspettavano di essere dominati da un’altra monarchia. Nel finale in questo libro, non per cavalcare il revisionismo di questo periodo, ho proprio parlato di ARMATE di OCCUPAZIONE.”

Ci lasciamo con un saluto, e un dono prezioso, un libro straordinario, pieno di spunti storici interessanti sulla nostra terra, ma “Garibaldi non fu mai a Teano” è molto di più, perché al suo interno c’è il lavoro di un uomo giusto che ha preferito scrivere e studiare la VERITA’ anziché perdersi in inutili, stucchevoli e anacronistiche guerre di campanile.

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