L’arte contemporanea è un bluff

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L’arte contemporanea è un bluff

Quante volte di fronte a un’opera contemporanea vi sarete chiesti: ma questa è arte?

Potrebbe apparire lecita la domanda se trovandoci dinanzi a un oggetto artistico come Fontana di Duchamp o Merda d’artista di Manzoni non sappiamo cosa stiamo guardando.

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Ma siete sicuri che l’Annunciata di Antonello da Messina dia più risposte di Quadrato nero su fondo bianco di Maleviĉ?

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La vergine di Antonello da Messina risulterà più affascinante ad un soggetto distratto, per il solo miracolo della verosomiglianza al naturale, eppure è straordinaria la grande modernità con cui l’artista in pieno Rinascimento rappresenta l’iconografia dell’annunciazione. Maleviĉ, agni inizi del secolo scorso, sosteneva che l’artista moderno doveva guardare a un’arte finalmente libera dai fini pratici della rappresentazione, e Quadrato nero su fondo bianco è stato il primo riconoscimento di forme assolute, libere da ogni descrittivismo naturalistico, azzerando radicalmente il valore del segno.

Con questo articolo lungi da me l’idea di escluderne una per consacrarne un’altra, chi divulga arte conosce bene il valore di ogni punto di cui essa si compone: “un puzzle ha bisogno di tutti i pezzi per essere completo”.

Quando avviene il cambiamento?

In passato l’arte aveva una funzione celebrativa al servizio dei mecenati: papato e potere regnante; ma con continue ed evidenti evoluzioni avvenute nel novecento questa disciplina ha subito dei mutamenti significativi. Il punto di partenza fu l’esclusione del naturalismo o meglio della mimesi, con il post-impressionismo ed espressionismo; la tanto cara prospettiva venne surclassata con l’avvento del cubismo nei primi anni del novecento mentre a chiudere i conti col passato furono i futuristi, con l’esigenza di raccontare la forte dinamicità della società moderna; l’arte, dal dadaismo in poi diventa oggetto di pensiero, mescolanza di elementi e materiali, senza alcuna discriminazione.

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Ad accendere la miccia della rivoluzione artistica del “tutto è arte”, è stato Marcel Duchamp che, nel 1917, con l’opera Fontana creò il primo ready made: un elemento che ha reso l’arte un concetto più che un oggetto. Duchamp prese un orinatoio “già fatto”, lo firmò, e senza alcun accorgimento estetico lo inserì in una mostra.

Perché, direbbe qualcuno?

I dadaisti, di cui faceva parte lo stesso artista, dinanzi allo spargimento di sangue che stava avvenendo in Europa agni inizi del secolo, si rifugiarono in Svizzera, delusi dall’umanità smisero di credere nell’arte: la reazione fu quella di fare un’arte che distruggesse l’arte, la loro dichiarazione d’intenti fu proprio l’inesistenza dell’arti, perché se la musica, la poesia, la letteratura e l’arte vera e propria non erano riuscite a rendere gli uomini sensibili, allora era inutile creare forme nuove. Da quel momento l’artista diviene libero di reinventare l’azione creativa, non ci sono più opere celebrative, ma l’arte diventa una voce di cronaca e di denuncia. Oggi ci si pone l’obiettivo di provocare nello spettatore delle reazioni che non vogliono essere di fastidio, di riso o di indifferenza, ma cercare di mettere in moto una serie di ragionamenti nel fruitore, che nell’opera rivede se stesso e il mondo in cui vive.

Cosa è diventato oggi l’oggetto artistico?

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Nel panorama odierno gli elementi di costruzione tradizionali non sono mai stati accantonati del tutto, ma bisogna comprendere che lo strumento diventa evanescente quando il significato è prorompente. Secondo Lucio Fontana la tela non poteva essere considerata solo un piano, ma un elemento nello spazio. L’attesa di Fontana, (tecnicamente sono due tele, una sottostante colorata e un’altra sovrapposta di colore monocromo), lo considero un gesto d’amore, un taglio, un’apertura che ci lascia guardare oltre, senza sentirci rinchiusi in un unico ambiente; un atto dovuto che apre nuove strade, l’incisione è stata la logica spontanea dell’artista: il pennello squarcia la pallida superficie per scoprire la nuova dimensione.

E la scultura?

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La scultura, da sempre immaginata nella plasticità del David di Michelangelo o nelle contorsioni dei corpi di Bernini, nel novecento smette di essere una forma chiusa, ma cerca nuove strade. Constantin Brancusi recide il cordone ombelicale con il passato creando un lavoro straordinario come la colonna infinita: coppie di tronchi di piramide che possono essere ripetute all’infinito. Un oggetto tridimensionale, scultoreo, ma che ha perso qualsiasi legame con la statuaria, non c’è più l’esigenza della figura umana, ma la perfezione dell’elemento e l’unità geometrica raccontano la leggenda dell’albero del cielo: la scala di Giacobbe che collega in forma lineare il cielo con la terra.

E merda d’artista cos’è veramente?

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E’ una provocazione di Piero Manzoni sul ruolo dell’artista e sul valore intrinseco dell’opera. L’artista del XX secolo non è visto più come ai tempi di Vasari, un saturnino, il mercato ne ha modificato la sua connotazione affidandosi unicamente alla firma dell’artista credendolo un eroe e ignorando spesso il lavoro prodotto. Manzoni rispose con l’unica arma a sua disposizione: l’idea. Secondo l’artista l’acquirente poteva comprare l’opera (Merda d’artista) ma non l’idea: unica vera opera d’arte. (Per chi si stesse chiedendo cosa contengono la serie di barattoli di Piero Manzoni, posso dire che quasi sicuramente c’è del gesso, non escrementi veri)

Allora l’arte contemporanea è un bluff?

Io credo proprio di no. Gli artisti non ingannerebbero mai il pubblico, lo stesso Piero Manzoni non voleva bluffare nessuno, anzi voleva condannare chi col solo potere del denaro sembrava prendersi gioco dell’arte. Oggi è assolutamente necessario non porsi limiti davanti a un’opera, le istallazioni, ad esempio, non sono costruzioni effimere, non siamo più davanti a opere che ci lasciano fuori dal campo d’azione come un quadro: una forma passiva di godere dell’oggetto; ma siamo davanti opere create per occupare il nostro spazio in modo ampio, con le istallazioni artistiche siamo invitati a partecipare diventando noi stessi parte dell’opera, come se la fantasia e la creatività appartenessero anche a chi non è il vero ideatore.

Vi piacerebbe ritrovarvi il sole in una stanza quando fuori è tutto cupo?

Olafur Eliasson Little sun.

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Sospesi in orbita su una rete?

Tomas Saraceno In Orbit.

Potrei farvi ancora mille esempi di artisti famosi e non, che sono riusciti a stupirci e a farci riflettere. L’arte non è un inganno, ma una scoperta, e come diceva Albert Camus: Se il mondo fosse chiaro l’arte non esisterebbe.