IN MOSTRA A VILLA SAN MICHELE VINCENZO RUSCIANO IN NOT SO BAD IN CAPRI

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IN MOSTRA A VILLA SAN MICHELE VINCENZO RUSCIANO IN NOT SO BAD IN CAPRI

Si inaugura sabato 16 luglio alle ore 19.00 la mostra Not so Bad in Capri di Vincenzo Rusciano a cura di Maurizio Siniscalco presso la Loggia delle sculture di Villa San Michele ad Anacapri. La mostra si potrà visitare fino al 21 Agosto 2016. L’esposizione, organizzata da ArteAs – Associazione Culturale in collaborazione con la Fondazione Axel Munthe –  Villa San Michele, gode del patrocinio del Consulate of Sweden – Island of Capri, Comune di Anacapri, Città di Capri, Accademia di Belle Arti di Napoli, UERJ – Universidade do Estado do Rio de Janeiro e Femptec – Fundação de Gestão de Projetos di Rio de Janeiro.  La mostra propone la più recente produzione dell’artista napoletano: una installazione di opere scultoree ideate e realizzate appositamente per l’occasione in accordo con gli spazi della villa. Le opere in mostra, da ricondurre a superstiti lacerti murari, scultorei, decorativi, segnati da lunghe traversate nel tempo, offriranno allo sguardo del pubblico un assemblaggio “fantastico”: spazi stratificati, “passaggi” tra fasi intermedie, a suggerire una nuova interpretazione del frammentario ricomposto. Come scrive Maurizio Siniscalco, curatore della mostra: «Lasciandosi influenzare dalla bellezza seducente e misteriosa di Villa San Michele e dalle numerose testimonianze storico-artistiche ed archeologiche che ospita, Rusciano propone un’arte la cui bellezza, senza giudicare, diventa segno del nostro tempo. La sua ricerca artistica propende sempre più verso una personale re-interpretazione dei canoni formali dell’arte classica fortemente filtrati dal concetto di estetica contemporanea. Le sue frequenti e pregnanti incursioni nel mondo dell’archeologia e del restauro rafforzano il legame che unisce idealmente un nostalgico mondo storico e classicheggiante ad un più attuale contesto urbano e contemporaneo. I canoni estetici della statuaria antica si presentano stravolti. Questa stessa limitazione si trasforma dando un valore aggiunto alla sua arte, attraverso espressioni artistiche sovrapposte: le figure classicheggianti si caricano di colori, di segni e soprattutto di utensili tratti dall’arte e dalla archeologia direttamente connessi con il suo operare quotidiano ed evidentemente avulsi all’antichità. Sono forme sedimentate da tempo nella sua memoria visiva, così come le statuaria classica, riproposti però senza tener conto dello loro estetica originaria ma, semplicemente, come informazioni di tipo spaziale che caratterizzano il suo modus operandi. Le opere in mostra offrono allo sguardo del pubblico un assemblaggio “fantastico”: figure stratificate e “passaggi” tra fasi intermedie, a suggerire una nuova versione del frammentario ricomposto. Un’operazione che unisce al lavoro artistico, costituito da nuove forme, l’energia emessa con i rimandi alla identità storica ed alla conservazione della memoria che avviene attraverso materiali e colori – resina, lattice, jasmonite, terracotta, colori a smalto, frammenti di apparati musivi – e che rimandano al gusto e alle tecniche contemporanee. Trattasi di un lavoro che si attua per sottrazioni formali, che si compie con trasfigurazioni e menomazioni somatiche, e operazioni di ricucitura grazie all’uso di zanche, suture metalliche, barre di armatura per il cemento e gabbie di acciaio. Deturpare, graffiare e contaminare è diventato segno dei nostri tempi. Nel bene o nel male, è azione destinata al dialogo oppure al conflitto. È l’esigenza di lasciare una traccia del proprio passaggio.»
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