IL RICORDO DI FRANCESCO ROSI IL MAESTRO DELL’IMPEGNO CIVILE

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IL RICORDO DI FRANCESCO ROSI IL MAESTRO DELL’IMPEGNO CIVILE

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E’ morto sabato 10 gennaio a Roma all’età di 92 il grande regista napoletano Francesco Rosi . ll regista sarà celebrato in una cerimonia civile lunedì mattina, 12 gennaio a partire dalle 9.00 alla Casa del cinema di Roma. Alle 12 lo ricorderanno i suoi amici più cari. «È un tristissimo giorno per il cinema mondiale che vede andarsene uno dei suoi maestri». Il ministro della cultura Dario Franceschini saluta così Francesco Rosi, sottolineando che il regista morto oggi a Roma «è stato un grande uomo di spettacolo, ha lavorato nella sua ricca carriera con gli altri grandi protagonisti del cinema italiano ed internazionale segnando intere generazioni di cineasti e avviando, in Italia, il filone del cinema d’inchiesta». Franceschini ricorda di aver incontrato l’ultima volta il regista «prima dell’estate in una bellissima serata a Roma in piazza San Cosimato a Trastevere dove i ragazzi del Cinema America gli hanno reso omaggio proiettando la pellicola ‘Uomini contrò a testimonianza del suo grande impegno nella rappresentazione della storia e dei momenti più difficili del Paese». È stata «un’occasione molto toccante – prosegue- che mi ha confermato quanto la freschezza e la semplicità del suo messaggio è ancora oggi fortemente apprezzata dalle giovani generazioni». In quell’occasione, fa notare sempre il ministro, «intervenne con una lettera anche il Capo dello Stato, suo personale amico, che ne ha ricordato il forte impegno civile. Proprio oggi, nel giorno della sua scomparsa, è ancora forte l’attualità del messaggio di molti suoi film a partire da ‘Mani sulla città’. Il suo stile elegante e indipendente – conclude- ci mancheranno». Francesco Rosi nasce a Napoli il 15 novembre 1922, durante la guerra abbandona l’Università (gli mancano nove esami per la laurea in Giurisprudenza) e si afferma come illustratore di libri per l’infanzia. Contemporaneamente collabora a ‘Radio Napoli’ dove stringe amicizia con altri giovani di belle speranze, (Raffaele La Capria, Giuseppe Patroni Griffi, Aldo Giuffrè) con cui si ritroverà spesso a lavorare nel corso della sua carriera. Nel 1946 si avvicina al mondo dello spettacolo come assistente di Ettore Giannini per l’allestimento de ‘Il voto’ (Salvatore Di Giacomo), messo in scena al Teatro Quirino di Roma. In seguito è aiuto regista di Luchino Visconti per La terra trema (1948), di cui cura anche il doppiaggio nell’edizione in lingua. Fino alla metà degli anni ’50 alterna l’attività di aiuto regista, soggettista e sceneggiatore anche dopo aver personalmente diretto alcune sequenze di Camicie rosse (Goffredo Alessandrini,1952).

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L’esordio nella regia è del 1958 con La sfida, eccellente opera prima che già anticipa quelle tematiche che diventeranno caratteristiche peculiari del suo cinema. Presentato alla Mostra di Venezia dello stesso anno, il film ottiene il Premio speciale della Giuria (ex-aequo con Les amants di Louis Malle) e registra subito una buona accoglienza da parte del pubblico. Successo ripetuto l’anno dopo con I magliari (1959) dove Alberto Sordi, immigrato tra le nebbie di Hannover e Amburgo, si trova a scontrarsi con un boss napoletano per il controllo del mercato delle stoffe. Nel 1961 inaugura il genere dei film-inchiesta italiani con Salvatore Giuliano, ripercorrendo la vita del celebre bandito siciliano attraverso una lunga serie di flashback. Pur non avvalendosi di attori famosi presso il grande pubblico (ma di grande talento, come Salvo Randone) il film si classifica al 10° posto nella graduatoria degli incassi di quell’anno, a riprova del crescente interesse verso pellicole di argomento politico. Nel 1963 vince il Leone d’Oro con Le mani sulla città (1963), in cui denuncia con coraggio le collisioni esistenti tra i diversi poteri dello Stato. Dopo tante opere di impegno civile, strettamente collegate ai fatti della cronaca, nel 1967 si concede un volo verso orizzonti da favola. Per l’occasione dirige due grandi star come Sophia Loren e Omar Sharif, appena reduce dai trionfi de Il dottor Zivago (David Lean, 1965), anche se lui avrebbe preferito Mastroianni. Una favola, comunque, a modo suo. Una storia d’amore tra una popolana e il nipote del vicerè che si ispira alle novelle di Giambattista Basile, ai presepi napoletani del seicento e alla pittura naïf degli ex-voto. Dopo questo ‘intermezzo’, negli anni ’70 torna al cinema di sempre e con Gian Maria Volontè indugia sui retroscena di morti illustri e misteriose Il caso Mattei, 1972, usa ancora la tecnica del documentario (Lucky Luciano, 1973) e realizza la versione cinematografica del romanzo autobiografico di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli (1978). Già all’epoca de Le mani sulla città ha in mente di portare sullo schermo un altro romanzo, La tregua. Dopo più di vent’anni, nel 1987, è pronto a realizzare questo progetto, che è ancora costretto a rimandare dopo il tragico suicidio di Primo Levi. Nello stesso anno adatta per il cinema Cronaca di una morte annunciata (di Gabriel Garcia Marquez) dove, in mezzo ad una schiera di illustri attori, dirige anche sua figlia Carolina. Dieci anni più tardi, grazie a Martin Scorsese che lo aiuta a trovare i finanziamenti, riesce finalmente a realizzare quel sogno (La tregua, 1996) che ha diviso però la critica e non ha ottenuto il successo di pubblico sperato dato anche l’alto costo dell’operazione.Forse per dimenticare quell’insuccesso Rosi nel 2003 è tornato alla regia teatrale con ‘Napoli milionaria’ di Eduardo De Filippo.

Nel 2007 poi, in coincidenza con il suo ottantacinquesimo compleanno l’annuncio: “Per ora basta col cinema e mi dedico al teatro”. Tra il 2008 e il 2009 Francesco Rosi ottiene tanti riconoscimenti nel mondo e molti festival italiani e stranieri gli dedicano delle retrospettive. Tra i premi più importanti l’Orso d’oro alla carriera al festival di Berlino nel 2008, la Legione d’onore nel 2009 e il Leone alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia nel 2012.